Quella che stai per leggere è una delle “fiabe della ciclicità”, ossia una delle narrazioni personali e originali nate in seno al Ciclo di incontri base – Risveglia la saggezza del tuo ritmo ciclico con l’ausilio del SoulCollage®. Tutti i diritti sono riservati.
C’era una volta un piccolo tondo rosa che si muoveva in uno spazio rosa e veniva cullato da una luna.
C’era una volta un utero di bambina infuocato dalla rabbia ancestrale delle sue antenate.
Dalle ovaie sgorgava la pioggia che nutriva lo spazio esterno, in cui regnava materia, ordine e razionalità.
Il piccolo utero aveva già il potere di creare energia, sogni, fantasie, immaginava, anche se la bambina era totalmente inconsapevole.
Un giorno, alla madre della bambina, fu tagliata la testa perché si credeva fosse una strega. La madre, avendo paura di lasciare questo mondo, si aggrappò alla bambina e la portò con sé, nel suo sogno infantile.
La paura aveva oscurato la sua bellezza e la bambina era talmente imprigionata nel potere di quell’incantesimo mentale da rimanere, fino all’età adulta, condizionata da tutte le azioni della madre.
Da adulta, la ragazza s’innamorò e quando portò a far conoscere l’uomo che aveva scelto come suo compagno alla madre, quest’ultima era emozionata e felice.
Solo l’amore della figlia avrebbe potuto salvarla da quell’incantesimo.
La ragazza che si chiamava Marilù provò ad innamorarsi e ci riuscì, con il suo compagno condivideva cose intense e stava quasi per provare quell’amore che serviva a spezzare l’incantesimo, ma ad un certo punto si rese conto che quell’uomo rappresentava solo un inganno per lei e così lo gettò dalla finestra e se ne sbarazzò.
Come avrebbe potuto provare quell’amore che serviva a riscattare il dolore della sua povera madre? Come poteva iniziare a vivere la sua vita?
Capì che la prima cosa da fare era partire, fare un viaggio iniziatico dentro di sé. Incontrò una strega che la riconobbe, si conoscevano da altre vite. La strega la tranquillizzò e la invitò a intraprendere la strada verso la “Grande Ombra” e l’attraversamento della grande scala dove avrebbe ritrovato se stessa.
La prima cosa che doveva fare era andare nel bosco, come succede nelle classiche storie iniziatiche e scendere nella “grande ombra” che si trovava nella caverna di un bosco sacro.
Vide quello che era stato fatto, incantesimi per condannare il maschile, uccisione di due uomini in un lontano passato. Si allontanò e decise profondamente di riconquistare la sua femminilità, guidata da una strana faccia femminile e da una “donna sesso” legata alle dinamiche seduttive di questi tempi.
Si ricordò di una regola che le avevano detto persone sagge e capì che le strade che poteva percorrere erano due: una l’avrebbe portata ad essere un’attrice affermata e ninfomane e l’altra nel vuoto. Decise di scegliere quest’ultima perché voleva salvarsi e salvare sua madre e le sue sorelle che erano imprigionate in questo incantesimo.
Dopo aver visto i fantasmi più temibili e dopo aver vissuto notti insonni in luoghi oscuri, un giorno trovò la luce.
Incontrò un uomo bambino con il quale pensava che avrebbe potuto provare quell’amore che poteva salvarle e lo provò come in un sogno, intenso, breve, puro e naturale come le montagne.
Ma neanche così le cose cambiavano. Nessuna madre liberata, nessuna liberazione femminile.
Era ancora lì, Marilù, in quel sogno infantile, sospesa nelle scale di casa.
“Adesso basta!”, pensò, “voglio essere libera!”.
Basta sogni antichi di amori alchemici; Marilù aveva vissuto cose molto belle e molto brutte con l’altro sesso, esperienze intense, ma adesso sapeva bene che l’amore non era solo quello, doveva riniziare a volare, oltrepassare i sogni di gloria, l’arte, la poesia e i condizionamenti che questi concetti portano per essere totalmente libera.
Danzò nello spazio, visse nel presente Marilù, stava a suo agio ovunque, aveva storie, amava per un minuto e per dieci anni.
A questo punto della storia le apparve una Dea forte che le donò l’amore che tanto desiderava, era connessa con la Madre Terra e l’avrebbe aiutata con sua madre. Doveva solo superare la grande prova: “l’ attraversamento della grande scala”.
In questa prova doveva lasciarsi alle spalle una visione dell’amore troppo statica e romantica, la paura e la sensazione di perdere la testa. Man mano che scendeva in profondità vedeva gli uomini che aveva avuto che la superavano come se fossero proiezioni di un sogno tra verità e finzione.
Quando arrivò in fondo alla scala c’era lei, nell’antica foresta amazzonica protetta da una divinità maschile che le sosteneva le spalle e una femminile che le proteggeva il ventre.
Adesso provava amore, un amore puro, creativo in cui le energie dell’utero scioglievano tutti i blocchi che andavano fino al cuore.
Adesso poteva amare e quindi fare e concretizzare ogni desiderio.
La madre tornò libera, così come le sue sorelle e lei iniziò a fare quello per cui era venuta su questa terra: trasmutare l’energia sessuale in amore.
©Luce
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