Venezia ci accoglie con il sole alto e il cielo blu, le calli e i campielli senza turisti, la Strada Nova coi negozi aperti e illuminati ma senza la frenesia dello shopping, non ci sono neanche gli immancabili piccioni ad assediare Piazza San Marco insieme alle frotte di turisti. Solo qualche impavido solitario che tenta di rimediare qualche briciola di pranzo. Le passerelle sono rovesciate a ricordo dell’acqua alta delle settimane scorse e sono utili panche su cui riposare.
È tutto perfetto: il viaggio in treno, il tempo atmosferico, il giorno scelto, la compagnia, le luminarie discrete ed eleganti. La Serenissima è una gran signora che ci aspetta nel suo salotto per un tè coi biscottini: ogni pietra che calpestiamo, ogni bifora che ci osserva, ogni ponticello che attraversiamo, tutto ci accoglie a braccia aperte come solo una città millenaria come questa potrebbe fare.
Palazzo Loredan si trova in Campo Santo Stefano ed è la meta della nostra gita: qui è la mostra Idoli – Il potere dell’immagine promossa dalla Fondazione Ligabue.
Nell’atrio del palazzo ci riceve la collezione di busti in marmo raffiguranti importanti personaggi della storia di Venezia. Al piano di sopra inizia la mostra.
Una grande mappa virtuale e interattiva indica la collocazione originaria di ogni reperto esposto. C’è un filo sottile che ci lega a questa mostra e come novelle Arianne ci guida attraverso la mappa dei siti di provenienza dei reperti: Sardegna, Spagna, Isole Cicladi, Anatolia Occidentale, Egitto, Mesopotamia o Siria.
Il filo sottile dicevamo: la Sardegna Sacra, che ci ha ospitate quest’estate, è rappresentata dalle tre Dee Madri della prima sala, simbolo della forza Femminile, della Terra, della Maternità e della Fertilità.
Molte sono le raffigurazioni del femminile, figure boteriane (prospere e generose nei fianchi e nei seni) o giacomelliane (sottili ed essenziali), figure dai tratti alieni, dall’identità sessuale ambigua, che ricordano strumenti musicali o li suonano, esseri e divinità con aspetto composito (animale e umano). Non mancano raffigurazioni del maschile.
Alcuni reperti sono di una bellezza quasi sconvolgente: la cura e la perizia di chi li ha realizzati sono indiscutibili. Ci parlano con la loro muta immobilità. Parlano anche a chi è a digiuno di storia e archeologia e mitologia. Evocano, col loro semplice esistere, mondi lontanissimi ma di cui noi tutti facciamo parte. Riti e culti che abitano ancora dentro di noi.
Sono immagini che ci sono state tramandate nei secoli, nei millenni e sono lì, dentro le nostre cellule, nel nostro patrimonio culturale.
Dalle figure stilizzate col corpo a “campana” e due buchi per occhi ai giovani uomini con lunghe trecce in “posizione roccia”, dalle figure femminili in abiti intarsiati con perizia, talune quasi monumentali (non fosse che le statuette sono alte poche decine di centimetri) a quelle nude sdraiate senza timore di essere giudicate per la loro mole, non v’è dubbio che i pezzi qui raccolti sono preziosissimi e di grande valore. E non possiamo che osservarle con stupore e meraviglia.
Manca, tuttavia, o forse sono io che non l’ho colta, una contestualizzazione, un percorso, una Storia, che certo è difficile creare, considerando che dell’uso di questi reperti non si hanno prove certe e dobbiamo affidarci alla speculazione.
Anche la collocazione dei reperti all’interno di strette teche illuminate a giorno, una accanto all’altra, in ordine geografico, è un po’ penalizzante: tutt’intorno, al buio, il silenzioso esercito di libri in file ordinate lungo le pareti delle sale le custodiscono come tesori inestimabili.
Nonostante ciò, la sacralità di questi oggetti è tale che vale la pena di vederli coi propri occhi.
Il silenzio ovattato del Palazzo ci avvolge in un’immersione totale e all’uscita un cagnetto bianco insegue abbaiando festoso una bambina che corre per il campo. Il totem della mostra è assediato da un gruppo di bambini. Il sole non è più alto ma è ancora giorno.
Di ritorno verso la stazione ci godiamo gli ultimi scorci con la luce del tramonto e con profonda gratitudine ci concediamo quel tè coi biscottini nel salotto della Serenissima prima di salire a bordo e rientrare nella nostra quotidianità.
Herta Elena Rudolph
IDOLI – IL POTERE DELL’IMMAGINE
DOVE Palazzo Loredan, Campo S. Stefano, 2945 Venezia
QUANDO Fino al 20 gennaio dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 18.00 (chiuso il lunedì)
La mostra sarà chiusa nei giorni di Natale (25 dicembre 2018) e Capodanno (1 gennaio 2019)
COSTO 8 €
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