Riporto qui un estratto del Libro di Jean Shinoda Bolen “Passaggio ad Avalon”, perché riesce magistralmente a spiegare cosa accade nel visitare i luoghi sacri con un’attitudine di apertura spirituale, ascolto e connessione. Se come antenne ci sintonizziamo sui campi morfici dei luoghi potremmo percepire intuitivamente ciò che vi accadeva, attingere all’inconscio collettivo per avere un’esperienza transpersonale dove spazio e tempo si congiungono nell’istante in cui osserviamo. Pellegrinaggi che riscoprono luoghi e vissuti nascosti nelle pieghe del tempo. Questo è ciò che è accaduto a me e non avrei potuto spiegarlo meglio di Jean! Per questo da qualche tempo viaggio con questo atteggiamento, che mi arricchisce e da un senso nuovo al mio pellegrinare.
“…….mi ritrovai a percorrere una versione tridimensionale del più elegante e simmetrico labirinto bidimensionale di Chartres, e in entrambi i luoghi il labirinto suggeriva un’immagine dell’utero. Riconoscevo nel Tor la forma di un utero, come nella posizione del labirinto di Chartres l’immagine di un utero piazzato nel corpo della cattedrale.
Se queste impressioni fossero state vere, allora, nel linguaggio de Le Nebbie di Avalon, avrebbero costituito esempi del dono della vista – una via di conoscenza che può schiudersi in maniera del tutto naturale nella maggior parte delle donne, così come nel caso della logica spaziale per la maggior parte degli uomini. In tutti i casi, le vie di conoscenza intuitiva o extrasensoriale non sono molto considerate nella nostra cultura. Credo che un buon parallelo possa essere quello con la ricerca della casa. Camminando all’interno delle case vuote destinate alla vendita, o persino in una particolare stanza della casa, riusciamo spesso a sentire la presenza di memorie felici, tristi o addirittura terrificanti. E a volte, quando lo chiediamo, le informazioni forniteci dall’agente immobiliare provano quanto le nostre sensazioni siano fondate. Questo rientra nella categoria parapsicologica della psicometria; è ciò che fa una medium quando prendendo fra le mani un oggetto riesce a descriverne il proprietario.
La psicometria e la possibilità che esistano “campi morfici”, come il teorico di biologia Rupert Sheldrake ha proposto, tengono conto e spiegano come sia possibile per noi recarci in un sito archeologico, storico o sacro e ricevere la viva impressione di ciò che lì accadde in passato.
Sheldrake descrive i campi morfici come sorgenti di memoria cumulativa basate sull’esperienza del passato di una specie. Il campo morfico umano è ciò in cui ci introduciamo e con cui risuoniamo e da cui siamo influenzati quando, nel fare ciò che altri esseri umani hanno fatto, reagiamo come appartenenti alla specie umana. Dalla preistoria ai giorni nostri, gli esseri umani hanno conservato credenze spirituali, osservato rituali, hanno protetto luoghi da venerare e hanno vissuto il rapporto con la divinità. Di qualsiasi particolare pratica o luogo si sia trattato, qualsiasi esperienza mistica gli esseri umani abbiano avuto, è in qualche modo compreso nei campi morfici della nostra specie, il cui contenuto si estende attraverso il tempo e lo spazio. La teoria della risonanza morfica di Sheldrake (com’è applicata agli esseri umani) e il concetto dell’inconscio collettivo di Jung sono idee tra loro molto simili. Entrambe le teorie forniscono un modello per la memoria collettiva, per la conoscenza, per i comportamenti o per le immagini che noi durante la nostra vita individuale abbiamo acquisito. Entrambe spiegano l’esperienza transpersonale, collettiva, archetipica.
Attraverso la meditazione o i sogni, durante uno stato mistico o estatico, una persona che attinga all’inconscio collettivo o a un campo morfico ha raggiunto un accesso all’esperienza transpersonale dove tempo e distanza sono immateriali. L’analogia di Sheldrake è che il nostro DNA è come un’antenna televisiva che ci consente di agganciare il segnale; ci sintonizziamo sui canali nel campo morfico. L’inconscio collettivo postulato da Jung ha in gran parte le stesse implicazioni: le immagini archetipiche, le libere associazioni e i modelli di comportamento rappresentano il contenuto dell’inconscio collettivo (o del campo), del quale noi non siamo consapevoli finché non verranno riattivati e recuperati dalla conoscenza. Platone stabiliva un’altra variazione sul tema quando sosteneva l’esistenza di una forma pura alla quale tutto ciò che le somiglia si rapporta, come il triangolo perfetto (equilatero). Aristotele sosteneva che qualsiasi entità possiede uno spirito e diceva che il corpo è contenuto nello spirito, piuttosto che lo spirito nel corpo. Ne consegue che lo spirito dovrebbe essere un “campo” in grado di influenzare e di essere influenzato dal corpo. Quest’idea possiede alcune analogie con la teoria di Sheldrake secondo cui noi risuoniamo con il campo morfico, influenzandolo e restandone a nostra volta influenzati.
Ciò che sappiamo gnosticamente può essere una conoscenza presa grazie alla penetrazione di un aspetto spirituale del campo morfico. Spingendo oltre, la proposta ha analogia con l’antenna televisiva, la parte della psiche con cui siamo identificati o in cui ci troviamo può determinare il “canale” su cui ci sintonizziamo. L’esistenza di un campo invisibile di “trasmissione” suggerisce questa possibilità. Se le cose stanno così, è facile prevedere che se ci trovassimo all’interno del nostro spirito o in contatto con il Sé (piuttosto che identificati con l’ego o la personalità o un complesso), che in un pellegrinaggio è un’attitudine interiore, saremmo ricettivi nei confronti di qualsiasi esperienza spirituale o sentimentale.
Poiché i campi morfici viaggiano sull’arco del tempo, contengono tutto ciò che, per l’esperienza del genere umano, è importante. La storia può averlo dimenticato, e potrebbe aver conservato solo vaghe tracce dell’epoca matriarcale durante la quale si venerava la Dea. Ma se i campi morfici esistono, le immagini e i rituali che sono rimasti celati per migliaia di anni potrebbero essere accessibili a coloro che tornano a rivolgersi al culto della Dea. Se fosse così, allora gli spontanei rituali dedicati alla Dea da parte delle donne contemporanee non sarebbero inventati, ma riscoperti.
Penetrando un campo morfico in un luogo sacro, un pellegrino può intuitivamente ricevere una sensazione più autentica di ciò che vi accadeva di quanto non possa ottenere uno studioso attraverso le sue fonti di epoca più tarda anche se relativamente antica……
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Amore e Vita
Laura
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